Le regole come spazi di libertà in una prospettiva rispettosa, ma in grado di dirigere il comportamento dei bambini/e.

Un articolo sulle regole, un nuovo sguardo per cambiare prospettiva

Le cornici

Viviamo in un contesto sociale in continua evoluzione: la famiglia è cambiata, non è più solo basata su un unico modello che impone scelte “per il bene” comune, normativa, patriarcale. Oggi più che mai la famiglia è complessa, multiforme, difficile da definire, è varia, allargata, separata, monoparentale, può essere composta da diversi nuclei, è arcobaleno, è queer… piena di sfumature, ma c’è qualcosa che spesso le accomuna tutte: è diventata affettiva, ricerca la felicità dei figli/ più di ogni altra cosa (anche se forse non è questo il suo compito fondamentale[1]). Ancora però a scuola e nell’ambiente educativo e domestico permangono, spesso per mancanza di una profonda e seria riflessione sulle teorie, le pratiche educative che avevano caratterizzato il periodo precedente, quelle che spesso sentiamo definite come pedagogia nera.

I ruoli

Alla madre contemporanea sono richieste funzioni molteplice, ci si aspetta impegno e dedizione perché siano soddisfatti i bisogni di cura, affetto, sicurezza dei figli/e, ma contemporaneamente la donna non deve rinunciare ad una propria realizzazione personale attraverso il lavoro, la carriera, la socialità. Anche il ruolo del padre è molto cambiato negli ultimi anni; la diversa e più attiva partecipazione alla vita famigliare dei papà ha modificato gli equilibri su cui si assestava il precedente modello educativo: più giocosi, accomodanti e affettuosi devono essere contemporaneamente efficacemente normativi. A volte poi ci sono due mamme, due papà, nuovi compagni dei genitori separati, o solo un genitore è coinvolto nella crescita dei piccoli/e. Che ruoli ci si aspetta che i genitori “giochino” in questi nuovi assetti familiari?

La funzione genitoriale

I genitori di oggi dovrebbero porsi una domanda: quale è la nostra funzione, la nostra mission educativa? Una risposta possibile penso che riguardi il come: come prendersi cura, come accompagnare nella crescita nel rispetto delle diversità, come porsi a modello per far sì che i figli a loro volta diventino adulti autonomi e competenti.

L’importante da tenere a mente riguarda le funzioni che fanno della famiglia un luogo di crescita sicuro e democratico: la funzione di cura e la funzione normativa, quello di cui ci occupiamo oggi qui, sono solo alcune funzioni genitoriali. Queste funzioni esistano, devono essere conosciute, espletate con coerenza, discusse e ridiscusse se necessario, fino a trovare accordi che regolino in modo armonico il mondo familiare.

Come le regole entrano in gioco

Il cambiamento epocale che stiamo vivendo ci invita a ripensare al modo in cui poniamo i limiti e le regole che guidano i bambini/e nel loro comportamento, non certo a non averle, come a volte si obbietta a chi si occupa di educazione gentile, democratica o rispettosa, nonviolenta. Questi termini sono molti e spesso equivalenti. Quello che li accomuna tutti può essere così riassunto:

Cerchiamo di educare passando dall’obbligo alla collaborazione, affinché anche i più piccoli/e comprendano il senso delle regole e le interiorizzino, non per paura ma come un naturale percorso da seguire per apprendere in sicurezza.  I bambini/e amano seguire con fiducia chi i accompagna e la trasgressione fa parte del loro percorso di crescita. In questa visione orientata alla nonviolenza  le regole non vengono fatte rispettare dal padre/padrone, ma trovano una nuova dimensione educativa, diventano spazi di libertà personale in cui poter agire liberamente.

Per capire come attuare questo non facile passaggio, per trovare buone pratiche educative, ci faremo guidare da alcune autorevoli autori a me cari e dalle loro teorie.

[1] Pellai Alberto, “Allenare alla vita. I dieci principi per diventare genitori autorevoli”, Mondadori.

Cambiamo cornice

Ora proviamo insieme a cambiare di paradigma educativo: entriamo nel campo delle buone pratiche attraverso il primo approccio che vi presento, la comunicazione nonviolenta.

L’approccio di Pat Patfoort, antropologa belga, fondatrice del centro per la risoluzione nonviolenta dei conflitti, e teorica dei modelli Maggiore-minore e dell’Equivalenza ci aiuterà a comprendere come stabilire confini chiari e sicuri senza cadere in dinamiche di potere squilibrate.

Secondo Patfoort, nella società tradizionale vige un modello di relazione basato sulla diseguaglianza di potere, in cui l’adulto impone la propria autorità sul bambino/a (ma anche su altri adulti), considerato “più piccolo/a” e quindi meno competente. Questa visione può generare in chi si trova in posizione minore (i/le bambini/e) meccanismi di risposta a tutti noi conosciuti quali frustrazione, ribellione o sottomissione. Ogniuna di tali risposte mina la costruzione di un’identità autonoma e armoniosa.

Il Modello Maggiore-minore di Pat Patfoort[1] e le sue componenti chiave:

Presupposto: le relazioni possano svilupparsi in maniera squilibrata, portando a conflitti dolorosi e dinamiche di potere. Provate ad immaginarvi come il genitore (posizione Maggiore) che detta le regole al proprio figlio (posizione minore).

  • M. (genitore): chi assume una posizione di superiorità, imponendo la propria volontà con forza, autorità o controllo.
  • m. (figli): chi si trova in posizione di inferiorità, subendo decisioni e regole senza essere riconosciuto come interlocutore paritario.
  • Conseguenze: chi si trova in una posizione minore può reagire con ribellione (opposizione diretta) o sottomissione (frustrazione, bassa autostima) o fuga (rifiuto del conflitto).

L’intento normativo del genitore spesso rispecchia una relazione che sottende una dinamica di potere. Vediamo allora cosa può succedere, come diretta conseguenza:

Escalation, Catena e Interiorizzazione.

  1. Escalation
  • Quando il Maggiore impone la propria posizione, il minore può cercare di reagire per riequilibrare la relazione. Questo spesso porta a un aumento della tensione, in un ciclo crescente di opposizione.
  • Esempio: un genitore vieta rigidamente qualcosa → il bambino si oppone con rifiuto → il genitore aumenta la severità, minaccia → il bambino intensifica la protesta.

Risultato: il conflitto si esaspera, rendendo la comunicazione inefficace e logorando il rapporto.

  1. Catena
  • L’esperienza della posizione minore può portare una persona, in futuro o coi pari, a riprodurre lo stesso schema in cui sentirsi in posizione Maggiore, creando una catena di dominazione.
  • Esempio: un bambino/a che subisce l’autorità rigida e severe punizioni in un contesto può, riprodurre lo stesso comportamento con i suoi pari, o da adulto, con i propri figli minacciando a sua volta o cercando di sopraffare gli altri con azioni prepotenti, spesso dichiarndo un “fin di bene” educativo.

Risultato: si perpetua un modello relazionale basato sul potere e sulla sopraffazione.

  1. Interiorizzazione
  • Se il minore non riesce a reagire all’autorità del Maggiore, può interiorizzare un senso di inferiorità, sviluppando insicurezza, tendenza alla passività o bassa autostima.
  • Esempio: un bambino/a a cui viene spesso detto “Non sai fare! Faccio io” potrebbe crescere con la convinzione di non essere capace, autonomo, evitando di esprimersi o prendere iniziative per non sentirsi a disagio.

Risultato: si struttura uno stile di relazione che tende a subire, senza mettersi in gioco, con conseguenze sulla crescita emotiva e sociale.

L’Alternativa:

il modello dell’Equivalenza e delle Relazione Simmetriche

L’alternativa che esploreremo di seguito è quella di una relazione basata sulla simmetria, in cui il genitore e l’educatore riconoscono il bambino/a come una persona con bisogni e desideri, ma al tempo stesso offrono un quadro di regole che protegge, accoglie e guida con rispetto. Per questo, al nido promuoviamo un modello che valorizzi il bambino come individuo capace di partecipare attivamente alla definizione delle regole e della convivenza quotidiana. Partecipare non vuol dire fare quello che vuole!

Per evitare la dinamica Maggiore-minore, è possibile costruire una relazione basata sulla simmetria, dove:

  • L’adulto non impone, ma guida con autorevolezza e rispetto il bambino/a.
  • Il bambino/a non è lasciato senza regole, ma è accompagnato nella comprensione dei limiti.
  • Si usano la comunicazione empatica e la collaborazione per trovare soluzioni creative ai conflitti.

Obiettivo: trasformare i limiti in strumenti di crescita e sicurezza, piuttosto che in meccanismi di controllo.

Parallelamente al modello di Pat Patfoort, la Comunicazione Nonviolenta (CNV) di Marshall Rosenberg[2], psicologo statunitense, ci fornisce strumenti di analisi concreti per padroneggiare una comunicazione di qualità con se stessi e con gli altri ed imparare a trasformare, attraverso l’ascolto e un linguaggio empatico, le regole in opportunità di crescita anziché in imposizioni rigide.

Questo approccio si basa su quattro principi fondamentali:

  1. Osservazione senza giudizio – Evitare etichette e interpretazioni che possano ostacolare la comprensione reciproca.
  2. Riconoscimento dei bisogni – Aiutare i bambini a esprimere i loro bisogni autentici, senza ricorrere a comportamenti oppositivi.
  3. Esprimere sentimenti in modo chiaro e sincero – Creare un dialogo basato sull’ascolto attivo, in cui i bambini si sentano accolti e compresi.
  4. Fare richieste, non imposizioni – Invece di ordini e divieti, guidare il bambino verso la collaborazione e la scelta consapevole.

Attraverso questi strumenti linguistici, vogliamo trasformare le regole in punti di riferimento chiari e condivisi, piuttosto che in barriere imposte dall’alto. Questo significa accompagnare i bambini nel processo di regolazione emotiva, aiutandoli a sviluppare autonomia, fiducia in sé stessi e capacità di gestire il conflitto in modo rispettoso.

[1] Pat Patfoort, Difendersi senza aggredire. La potenza della nonviolenza” Pisa University press

[2] Marshal Rosemberg, “Le parole sono finestre (oppure muri). Introduzione alla comunicazione nonviolenta”, Esserci

Il modello delle 3 ERRE

Ultimo modello esplorato è quello delle “3 R” di Bruce Perry, neuroscienziato americano, che ci aiuta concretamente a sostenere i bambini nei momenti di crisi:

Cosa possiamo fare quando ci troviamo di fronte ad un bambini/a che singhiozza in modo convulso perché vuole qualcosa che reputa suo o si oppone tenacemente buttandosi a terra per non andare a casa o a letto?

  1. Regolare le emozioni, aiutandoli a trovare equilibrio e sicurezza.

Le crisi possono essere devastanti: abbassiamoci alla sua altezza e proviamo a farlo sintonizzare con il nostro respiro (un inspiro, piccola pausa ed un espiro più lungo e lento come se soffiassimo bolle di sapone) per contenere la sua rabbia

  1. Relazionarsi, costruendo connessioni attraverso l’empatia e l’ascolto attivo.

Possiamo dire che capiamo il suo disagio, abbracciandolo se lo desidera. Comprendere un’emozione non vuol dire accettare i comportamenti inadeguati, ma accogliere con empatia lo stato emotivo

  1. Ragionare, insegnando loro a dare significato alle regole con un linguaggio adeguato.

Solo quando si è tutti più calmi si può affrontare la motivazione della richiesta o della regola. “Oggi andiamo via presto, ma domani torniamo qui se ti piace tanto”. E’ importante accogliere l’emozione, regolarla e poi riesaminare la situazione con razionalità.

Le regole non devono essere strumenti punitivi, ma opportunità di crescita, contribuendo alla costruzione di un clima educativo basato sul rispetto reciproco. Attraverso il dialogo e la co-regolazione emotiva, possiamo accompagnare i nostri figli in un percorso di crescita sereno e consapevole

Un nuovo sguardo sulle regole

Dopo le tesi espresse dai tre teorici che vi ho sopra presentato, spero di avere dato un fondamento sufficiente per chi volesse approfondire il pensiero da cui siamo partiti. Il cambio di paradigma riguarda proprio questo spostarsi da una cornice all’altra, dal vecchio al nuovo, con la consapevolezza della difficoltà che comporta. Come dice Marianella Sclavi[1]:

  • Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista.

Affidarsi all’umorismo è necessario per chi desidera esplorare una metodologia di indagine del comportamento basata sull’ascolto. Sempre la Sclavi dichiara: “per divenire esperto nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sé”

Ma torniamo alle nostre regole: non devono essere strumenti punitivi, ma punti di riferimento per un clima educativo sano, basato sul rispetto reciproco. Attraverso la comunicazione nonviolenta, l’ascolto scevro da pregiudizi, il dialogo e la co-regolazione emotiva, possiamo sostenere i nostri figli nel loro percorso di crescita, aiutandoli a costruire un’identità consapevole e serena.

[1] Marianella Sclavi, “Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte”, Pearson

Consigli pratici per applicare un’educazione nonviolenta nel quotidiano

Abbiamo visto quanto sia importante creare un ambiente educativo che favorisca la crescita armoniosa dei bambini attraverso la nonviolenza e la comunicazione empatica. Per rendere questo approccio concreto nella vita quotidiana, ecco alcune delle 18 regole sintetizzate da Silvia Iaccarino[1] e alcune strategie pratiche usate anche al nido che possono aiutare a gestire le regole in modo rispettoso ed efficace:

Esprimere i “no” al positivo

  • Invece di dire “Non correre!”, prova a dire “Cammina, così sei più sicuro”.
  • Invece di “Non toccare!”, provare con: “Osserviamo con gli occhi, non con le mani”.
  • Invece di “Non tirare i giochi!”, prova con “Passa il gioco, prova con mani gentili”.

Comunicare i limiti mettendosi alla sua altezza

  • Accovacciati e stabilisci un contatto visivo, questo aiuta il bambino a sentirsi ascoltato.
  • Parla con voce calma e rassicurante in modo da ridurre la resistenza al limite imposto.
  • Evita di dare indicazioni mentre sei impegnato in altro (es. cucinare o guardare il telefono).

I limiti devono essere adeguati all’età, pochi e fermi

  • Per un bambino piccolo, troppi divieti generano confusione e frustrazione. Meglio stabilire poche regole chiare, come: “Si mangia a tavola”, “Si dorme nel lettino”.
  • Evita di cedere a richieste contraddittorie per coerenza educativa.

I limiti devono essere chiari, precisi, sintetici e concreti

  • Invece di ordinare “Metti in ordine la stanza”, dai indicazioni: “Metti i mattoncini nella scatola blu e i peluche sul letto”.
  • Per i più piccoli, accompagnare la richiesta con un gesto o una filastrocca può aiutare la comprensione.

Evitare i ricatti

  • Invece di: “Se metti il pigiama, ti leggo una storia”, meglio: “Quando avrai messo il pigiama, leggeremo una storia insieme”.
  • Il messaggio deve essere chiaro: il comportamento atteso non è una moneta di scambio.

Dare sempre un’alternativa adeguata ai comportamenti inadeguati

  • Se il bambino lancia il cibo, dire: “Il cibo sta nel piatto, se hai finito puoi lasciarlo lì”.
  • Se vuole giocare con un oggetto pericoloso: “Non questo, ma puoi usare quello”.
  • Se chiede qualcosa in un momento inadatto: “Non ora, ma dopo il bagnetto”.

Creare rituali condivisi e divertenti per aiutare a rispettare le regole

  • Usare un timer o una clessidra per scandire i tempi (es. “Quando suona il timer, allora spegneremo la musica e andremo a mettere il pigiama”).
  • Crea rutine: cantare una canzoncina mentre ci si lavano le mani o mentre ci si veste. Ad esempio, noi abbiamo la canzone del “Cleen Up” per il riordino della sezione
  • Giocare a “Chi riesce a infilarsi le scarpe?” per rendere il momento più giocoso e leggero.

Usare il “sì condizionato”

    • Invece di “No, adesso è ora di cena, niente giochi”, dire: “Sì, puoi giocare appena avremo finito di cenare”.
    • Invece di “No, non puoi uscire”, dire: “Sì, possiamo uscire dopo il riposino”.

Questo aiuta il bambino a percepire il limite come un’attesa e non come una negazione assoluta.

Conclusione

Stabilire regole con un approccio nonviolento non significa lasciare che il bambino faccia tutto ciò che vuole, ma vuol dire guidarlo con rispetto e coerenza. Con pazienza e costanza, possiamo aiutare i bambini/e a sviluppare autonomia, senso di responsabilità ed empatia, ponendo basi solide per la loro crescita emotiva e sociale.

Seguire questi consigli non è sempre facile, ma ricordiamoci che l’educazione è un processo continuo: ciò che seminiamo oggi, sarà il terreno fertile per le relazioni di domani.

Buona pratica!

[1] https://percorsiformativi06.it/le-regole-per-bambini/

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